UN PROGETTO, UN METODO E UN’AGENDA PER IL FUTURO DELL’EUROPA
Il primo ministro portoghese, António Costa, è riuscito laddove non era arrivata la cancelliera Angela Merkel e ha convinto il presidente del Parlamento europeo, David Maria Sassoli, ad accettare la proposta – in fondo ragionevole – di far presiedere la Conferenza sul futuro dell’Europa
da una trojka formata da un rappresentante del Parlamento europeo (Guy Verhofstadt ?), da un rappresentante della Commissione europea (Vera Jourova ?) e da un rappresentante del Consiglio (il ministro degli affari europei del paese che esercita la presidenza semestrale e dunque, in successione, il Portogallo e poi la Slovenia e infine la Francia se la Conferenza dovesse concludersi prima delle elezioni presidenziali francese che avranno luogo nel maggio 2022). All’origine, la trojka era l’attacco di una carrozza o di una slitta con tre cavalli affiancati dove in genere quello di mezzo - il più forte e il più grande - andava al trotto e quelli laterali al galoppo ma nel linguaggio comunitario ha rappresentato negli ultimi dieci anni l’insieme dei creditori ufficiali durante i negoziati con un paese debitore e cioè la Commissione europea, la BCE e il FMI ed ha lasciato una scia di legittime critiche spingendo il Parlamento europeo ad avviare nel 2014 un’indagine conoscitiva per verificarne il livello di democraticità e la trasparenza degli interventi. Come molti di voi ricordano, la Convenzione che ha elaborato la Carta dei diritti fondamentali era trainata da una “biga” seppure diseguale con un presidente designato dai governi (il tedesco Roman Herzog) e da un vicepresidente designato dal Parlamento europeo (lo spagnolo Inigo Mendez de Vigo) mentre la Convenzione sull’avvenire dell’Europa scelse una trojka tutta designata dai governi, con Valéry Giscard d’Estaing come presidente e Giuliano Amato insieme a Jean-Luc Dehaene come vicepresidenti e imponendo come segretario generale l’inglese John Kerr, già segretario generale del Consiglio e condizionando così ab initio i risultati dei suoi lavori all’immobilismo intergovernativo del metodo confederale. Possiamo certo sperare che il cavallo più forte e più grande, al centro della futura trojka, sia il rappresentante del Parlamento europeo ma sappiamo che il lavoro della Conferenza sul futuro dell’Europa non dipenderà o dipenderà solo in minima parte dalla trojka e ancor di più da uno dei tre copresidenti. Il Parlamento europeo deve essere pienamente cosciente che, avendo accettato – se la disponibilità al compromesso manifestata dal suo Presidente sarà confermata dall’assemblea – la soluzione della trojka, deve adottare rapidamente delle scelte politiche coerenti con l’orientamento largamente maggioritario dei gruppi politici che hanno fin dall’i nizio condiviso l’idea secondo cui la Conferenza dovrà essere la prima tappa di un processo che si dovrà concludere con una profonda riforma del sistema di ripartizione delle competenze fra l’Unione e gli Stati membri attribuendo alla prima capacità di agire nei settori in cui i secondi appaiono impotenti e con una revisione dei meccanismi di decisione per rendere il sistema europeo più efficace e dunque più democratico. Per giungere a questi risultati, Jacques Delors suggerirebbe certamente alla maggioranza di innovatori che esiste nel Parlamento europeo di chiarirsi preliminarmente le idee sul contenuto del progetto che dovrà entrare in vigore alla fine del processo che osiamo chiamare costituente, del metodo e dell’agenda. Ci limitiamo qui alla questione del metodo rinviando al prossimo editoriale alcuni suggerimenti sull’agenda e successivamente agli elementi essenziali del progetto di cui vorremmo iniziare a discutere con la piattaforma che il Movimento europeo ha creato nel settembre 2019 in Italia e che si riunirà online il prossimo 12 febbraio. Per quanto riguarda il metodo noi riteniamo che la procedura iscritta nell’art. 48 del Trattato sull’Unione europea non consentirebbe di orientare il cammino dell’Unione europea verso quella profonda riforma che prima la crisi finanziaria e poi gli effetti della pandemia in un mondo sempre più instabile hanno reso urgente e improcrastinabile. I complicati meccanismi dell’art. 48 paralizzerebbero l’azione degli innovatori che si trovano dentro il Parlamento europeo e cioè al centro della cittadella della democrazia rappresentativa europea e al suo esterno nella società civile organizzata e cioè negli spazi pubblici della democrazia partecipativa. La via da percorrere – giuridicamente difficile ma politicamente efficace – è quella indicata dal Parlamento europeo nella sua prima legislatura che assunse de facto un ruolo pre-costituente poiché il progetto che esso decise di elaborare, fondato sulla sua accountability e sulla sua capacità to deliver che mancavano alla Convenzione e mancano alla Conferenza, sarebbe stato consegnato direttamente ai parlamenti nazionali chiedendo loro di esaminarlo, di discuterlo con il Parlamento europeo e di ratificarlo (o non ratificarlo) sulla base delle Convenzione di Vienna sui trattati internazionali. Come conseguenza di questo metodo, occorrerà definire gli elementi essenziali di una integrazione differenziata ispirandosi all’art. 82 del Progetto di trattato che istituisce l’Unione europea adottato dal Parlamento europeo il 14 febbraio 1984 o al “Documento Penelope” della Commissione presieduta da Romano Prodi. (fonte: AICCRE PUGGLIA da movimento europeo)