GUERRA: NON SOLO IN UCRAINA, NON DIMENTICHIAMO IL CONFLITTO IN YEMEN

Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale è focalizzata sulla guerra scoppiata in territorio ucraino e sul conseguente esodo di milioni di rifugiati, continua ad aggravarsi la “peggiore crisi umanitaria nella recente storia globale” in Yemen.

QUALE È LA SUA POSIZIONE GEOGRAFICA(?)

Ritenuto uno tra i Paesi più poveri del mondo, lo Yemen è situato sull’estremità sud-occidentale della Penisola Araba e confina con Arabia Saudita e Oman. Il Paese si affaccia sia sul Mar Rosso che sul Mare Arabico. Si tratta di una casella importante per le influenze geopolitiche dell’intero Golfo Persico e di tutta la Penisola.

SCOPPIO DEL CONFLITTO IN YEMEN

Il conflitto è spesso definito come una “proxy war” riferendosi al fatto che sia nato per volere di due potenze rivali regionali: Sauditi e Iraniani. La guerra civile ha avuto inizio nel 2014 e ha visto contrapposti il governo centrale riconosciuto (sostenuto dall’Arabia Saudita) da un lato e gli Huthi, gruppo armato sciita sostenuto dall’Iran, dall’altro. Le radici dello scontro affondano nella primavera araba del 2011, quando l’allora Presidente Saleh fu costretto alle dimissioni e il suo governo rovesciato dai cittadini. Seguì il governo di transizione del Presidente Hadi, non riconosciuto dagli Huthi, i quali, nel 2014, presero il controllo della capitale San’a costringendolo a dirigersi a Riyad. Il movimento-milizia rivendica l’autonomia politica e confessionale delle terre del nord e si oppone all’influenza saudita.

CHI SONO GLI ATTORI PRINCIPALI? (INTERNI, REGIONALI E INTERNAZIONALI

Il territorio yemenita è caratterizzato però da una costellazione di fazioni tra:

• fronte secessionista del sud, sostenuto informalmente dagli Emirati Arabi Uniti, così come il

• Joint Western Command,

• Al Qaeda AQAP che controlla la parte est del Paese al confine con l’Oman

• lo Stato Islamico, staccatosi dal AQAP nel 2014

Gli attori regionali coinvolti sono quindi: Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar, Turchia e Israele. Mentre i players internazionali rilevanti sono: Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Cina. Si tratta dunque di un polverone caotico all’interno del quale ruotano e si scontrano molteplici interessi. L’obiettivo dei sauditi è duplice: evitare un’avanzata di Teheran in una regione calda e strategica come la Penisola Arabica e di conseguenza isolare l’Iran, facendolo apparire agli occhi della comunità internazionale come un Paese “finanziatore del terrorismo”. La parte meridionale dello Yemen comprende l’importante stretto di Bab El Mandeb, che congiunge il Mar Rosso con il Golfo di Aden, via d’accesso strategica per il Mediterraneo. Tutte le forze in campo si sono date battaglia nelle città principali dello stretto con l’intento di tenerlo sotto controllo.

E LA DIPLOMAZIA?

A evidenziare come in questo conflitto la diplomazia sia impantanata è stato Hans Grundberg, inviato speciale delle Nazioni Unite in Yemen, che recentemente ha dichiarato come sia attualmente impossibile il cessate il fuoco, nonostante le dichiarazioni a favore della pace delle parti coinvolte.

LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA

La conseguenza di questi sette anni di guerra è stata una gravissima crisi umanitaria, che ha visto 80.000 bambini morti di fame, 4 milioni di sfollati, di cui il 76% donne e bambini, 24 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria. Il collasso economico ha determinato carestia, l’acqua contaminata e le condizioni di vita precarie aumentano il rischio di trasmissione di malattie infettive; basti pensare che ogni 10 minuti almeno un bambino muore a causa di malattie prevedibili. Il conflitto comporta il rischio di sparatorie e presenza di mine anche a pochi kilometri dai villaggi allestiti dall’UNHCR. Cresce il fenomeno dei “ragazzi soldato” e tra le forme di violenza vi è anche quella sulle donne. Si ripetono bombardamenti, colpi di mortaio e di armi da fuoco, uso di droni e missili. Ci sono 1811 UNHCR IDP hosting sites in Yemen.

L’ATTIVISMO DI ANGELINA JOLIE

In questi anni, l’opinione pubblica italiana si è concentrata raramente sulla questione yemenita. Angelina Jolie, attrice e già ambasciatrice dell’UNHCR, ha visitato in settimana il campo profughi della capitale Aden. Lo ha fatto nel ruolo di inviata speciale, riuscendo a catturare l’attenzione su una crisi trascurata che si protrae ormai da troppo tempo. Tramite post sui suoi profili social, ha chiesto il riconoscimento di pari dignità e diritti ai profughi di tutto il mondo, dagli ucraini agli yemeniti. Da anni l’attrice si batte per la tutela dei rifugiati. Si è recata in Pakistan, Cambogia, Siria in diverse spedizioni. Ha inoltre rivolto particolare attenzione al tema delle donne, dei loro diritti e del loro futuro. Nell’ultimo anno ha mostrato vicinanza nei confronti delle donne afghane, ricadute nel buio talebano. A colpire è effettivamente come si riponga una maggiore o minore attenzione ai diversi conflitti, scoppiati nello stesso periodo in diverse parti del mondo. Il messaggio di Angelina Jolie è chiaro: bisogna uscire dalla nostra visione provinciale e vedere tutte le guerre come inaccettabili. Le crisi umanitarie non sono fenomeni strettamente regionali ma dovrebbero interessare tutto il pianeta. Margherita Mantione ©

FONTE: Voci di Città

ABOUT MARGHERITA MANTIONE

Margherita Mantione è una studentessa fuorisede che coltiva un vivo interesse per la politica, la storia (contemporanea) e la lettura di quotidiani e libri. Sogna di diventare una giornalista stimata. I suoi punti di riferimento sono giornalisti come Oriana Fallaci, Marta Gellhorn, Marco Damilano e Diego Bianchi. Cresciuta a pane e talk show, crede nella partecipazione attiva alla vita sociale e politica del Paese. Ama ascoltare il cantautorato italiano e nello specifico Fabrizio De André, Rino Gaetano e Lucio Dalla. Strano ma vero, ascolta anche artisti contemporanei come Brunori Sas, Cesare Cremonini e i Coldplay. Spera di poter girare il mondo per scoprire culture e tradizioni diverse.