Cerami si attesta tra i Comuni più poveri della Sicilia, addirittura abbacchiata all'ultimo posto per ricchezza procapite tra quelli della provincia di Enna, tanto da collezionare il poco invidiabile primato reddituale di 6.228 euro a testa. Il dato è ricavato dalle analisi elaborate dal "Centro studi sintesi" e dall'Istat, apparse, giorni fa, ne "Il Sole 24 ore". La diagnosi, impietosa, ci dice che il paese di Cerami non cresce, anzi si abbassa in picchiata a fronte dell'imponibile medio Irpef, sceso dagli 8.782 euro, registrato nel 2005, al valore di 6.228 euro attualizzato e fornito dal ministero degli Interni, in base alle dichiarazioni fiscali per l'anno 2007. La notizia ha rinnovato commenti e discussioni, niente affatto rassicuranti per il destino della cittadina stessa. "Cerami, una volta, era un paradiso terrestre - osservano in tanti -. Una volta, certo. Ma adesso lo è molto meno, afflitta da un male incurabile: la crisi socio-economica che relega il Comune in posizione declinante, più di altre realtà ennesi". Tuttavia, al di là delle classifiche meramente statistiche, di maggiore eloquenza sono gli altri indicatori che fotografano un paese caduto in bassa fortuna, sull'orlo del collasso. Per confermare questa "istantanea" basta osservare l'andamento demografico. Negli ultimi 10 anni la popolazione è diminuita di quasi il 25%, calata da 2.864 agli attuali 2.258 abitanti, mentre un tempo (intorno agli anni '50 - '60) la cittadina rasentava 5 mila residenti. I minori di anni 18 superano di poco le 500 unità . Di forze lavoro (tra i 20 e i 50 anni), destinate all'esodo verso zone più ricche, se ne contano 883, con tasso di disoccupazione che supera a spanne la media nazionale: 7 giovani su 10 sono alla ricerca di una occupazione. In aumento consistente il rapporto della popolazione anziana, rappresentata da oltre 460 ultrasessantacinquenni, in gran quantità a basso reddito di pensione. Stretta dal ridimensionamento abitativo, attraversata da una dura crisi economico-occupazionale, Cerami ha via via perso smalto e vocazioni produttive. I comparti agricoli e zootecnici (un tempo floridi), l'imprenditoria locale, il commercio, il settore costruttivo, l'artigianato fanno ormai i conti con una realtà non proprio entusiasmante per il futuro del paese. Le botteghe stesse si contano sulle dita di una mano. Non esistono più, ad esempio, negozi di scarpe, di abbigliamento e di molti altri generi. Non esistono progetti e strategie di sviluppo, né segni di inversione per un rilancio della terra ceramese, se non nei proclami politici.