a cura di Mirko Crocoli  - Oggi, 23 maggio, è il tragico giorno in cui, in quel maledetto 1992, veniva ucciso Giovanni Falcone unitamente alla moglie Francesca Morvillo e a 3 uomini addetti alla sua sicurezza. Nulla da dire poiché tutti sappiamo la storia, i fatti e quello che è accaduto tra Punta Raisi e il cuore di Palermo. Capaci è ormai nella memoria collettiva, stampato indelebilmente, e nessuno potrà mai più toglierci dalla testa quei fotogrammi divenuti – purtroppo – tristemente noti. Ci sono voluti mille kg di tritolo per fermarlo, una bomba che ha devastato l’Italia intera. Un disastro, forse annunciato, una sconfitta per tutti, un epilogo amaro che ha messo fine ai sogni di molti di noi. Era un palermitano doc, un uomo d’altri tempi e soprattutto un EROE, non solamente a livello nazionale ma in particolar modo fuori confine. Negli Stati Uniti d’America ce lo invidiavano, a partire dall’FBI e la DEA, nel resto del mondo lo ammiravano, lo rispettavano e lo osannavano. Combattere contro la mafia non è uno scherzo, lui lo sapeva benissimo. Il bello di questo straordinario Signore era il modo con cui affrontava non solo giuridicamente ma anche moralmente la “piovra”. Il concetto che cercava di divulgare a tutti era “nuovo”. Falcone ci ha insegnato che Cosa nostra non è un fenomeno extra terrestre, non è un qualcosa che è lontano da noi o irraggiungibile. Lui sosteneva con convinzione che questa organizzazione criminale è attorno a noi, vicino, dentro. La mafia siamo noi, ci circonda ed è parte integrante del tessuto sociale della comunità in cui viviamo. Naturalmente, quando poi astutamente è andato a toccare il canale dei soldi e il terzo livello, quello tra cosche e politica, la sua condanna a morte è stata inevitabile. Il maxi processo è opera sua, insieme agli amici Caponnetto e Borsellino, ma la mano nera ha atteso silente e sadicamente addirittura fino all’ultimo grado di giudizio, la Suprema Corte di Cassazione. Gli uomini d’onore, i Padrini e i gregari credevano probabilmente in qualche giudice “compiacente” o ben remunerato, ma così non fu. Dure le condanne, quasi tutte riconfermate come in primo grado. 7 anni circa di assoluto immobilismo da parte dei clan. Un cessate il fuoco che non dava segnali di grande speranza, tant’è che, poco tempo dopo il verdetto, la rabbia e la ferocia non ha avuto eguali. Una vendetta senza scrupoli e, uno dei più importante di quei grandi “gladiatori” che avevano donato tutto per la causa della lotta alla mafia, è entrato nel mirino. Mille kg per bloccarlo. Mille kg per piegare lo Stato. Mille kg di rappresaglia. Mille kg e un cratere. Ma ricordatevi cari signori che quei mille kg, fisicamente ci hanno reso orfani del meraviglioso magistrato ma moralmente, non sono serviti proprio a nulla. Perché la sua memoria, i suoi successi e le sue conquiste, sono e resteranno sempre immortali! Grazie Giovanni, hai vinto tu e oggi più che mai, sei nei nostri cuori, eternamente.