Reportage, Botte, fame e canzoni: il viaggio dentro al "cuore" di Rosa Balistreri Il suo canto drammatico, la sua vita strozzata e la sicilianità mai rinnegata. Rosa Balistreri, la cantastorie nata a Licata e morta altrove. Lei, è la voce della Sicilia che urla, la terra dei pescatori e delle piccole ma grandi donne. Niente lusso per Rosa, il suo essere ‘maschiaccio’ buono e la sua voglia di ripartire sempre e comunque. Rosa Balistreri ha ricominciato tante volte, le sue canzoni spesso sono un inno al dolore e all’amore. La passione per un uomo che è andato via troppo presto, ad accoglierlo la profondità del mare. Lo ha aspettato Rosa, ma quell’uomo giovane e pescatore non è più tornato. Scalza, ha morso la vita, facendo a pugni con un destino troppo spinoso. Del dolore Rosa Balistreri ne ha fatto canzone, ha cantato tra la sua gente al mercato ed ha tentato di spingere via miseria e dolore. La cantastorie è nata nel 1927, oggi vive nel ricordo delle sue canzoni, al sole di una Licata che forse in passato non l’ha rispettata a dovere. Una umile targa, la casa di Rosa ha ancora le finestre aperte, come a volere fare uscire le note delle sue intramontabili canzoni. Una voce carica e profonda che ha sgomitato anche nella borghesia, la stessa che per un attimo l’ha tradita. “Non farmi dimenticare” ha detto ad un suo caro amico, il ‘professore’ Enzo Marrali. Lui, ha raccontato la vita di Rosa ai microfoni di Agrigentonotizie. A parlare della “spigolosa” Balistreri, anche Nicolò La Perna. Una rosa spinosa, proprio come la vita della donna figlia di falegname e vittima di qualche violenza. Nella strada della cantante, anche Palermo e poi ancora un amore sbagliato. Dopo ‘Iachinazzu’, arriva il figlio dei nobili, che con l’inganno costrinse la donna a rubare. Leggenda narra che Rosa Balistreri fu anche avvicinata da un parroco. Lei, lo allontanò più volte. Rosa Balistreri andò ancora via, lasciando Palermo: terra che sentiva tanto sua e musa dei suoi brani. Una valigia di cartone, partì ancora Rosa Balistreri cercando come una forsennata la fortuna altrove. Fu dura lasciare la trinacria. La cantautrice si lasciò trasportare dal suo cuore. Nero su bianco la passione per il pittore, Manfredi Lombardi. Ad apprezzare la rocciosa siciliana, anche Dario Fo e Ignazio Buttitta. Ma Rosa Balistreri cadde ancora, questa volta in un tunnel maligno. La depressione fu una compagna disgraziata per la cantante. E via, Rosa scriveva canzoni. Note strozzate da quel dolore che mai l’ha lasciata, martoriando le sue giornate, anche in carcere. Nel suo percorso anche Sanremo. "Rosa canta e cunta", ma spesso la sua terra non sente. La vita amara di Rosa Balistreri finì a Palermo. Luogo che per lei è sempre stato fonte di ispirazione profonda. La donna morì negli anni ’90 spegnendosi nell’ospedale palermitano di Villa Sofia, colpa di un ictus celebrale. Licata ha scelto di commemorarla, giorno 21 marzo. Promotore dell’evento, Gino Pira. Al teatro ‘Re Grillo’ l’anniversario della nascita di Rosa. Tutti in piedi per ricordare una donna, che oggi vive bene nei ricordi. Rosa Balistreri non è morta, la roccia vive nelle sue canzoni. Grazie maestra.
 
CHI ERA ROSA BALISTRERI?
 
Rosa Balistreri nacque a Licata (AG) il 21 marzo del 1927, da una famiglia molto povera: il padre Emanuele era un falegname geloso, violento, amante del gioco e del vino; la madre Vincenza Gibaldi era una donna buona e semplice; aveva due sorelle e un fratello invalido. Aiutava il padre, faceva la domestica nelle case dei benestanti, lavorava al mercato per la conservazione del pesce o spigolava i campi di grano. Cantava per sfogare la rabbia. Il timbro forte ed originale della voce le consentì in seguito di interpretare le canzoni popolari siciliane con un tono fortemente drammatico esprimendo il senso di povertà e orgoglio della sua terra. Si sposò con Gioacchino Torregrossa, detto Iachinuzzu. Fu un matrimonio combinato e dopo che il marito sciupò il corredo della figlia Angela giocando, Rosa tentò di ucciderlo e andò a costituirsi dai carabinieri. Fu arrestata per 21 giorni e, poiché Iachinuzzu sopravvisse, uscì dal carcere con la condizionale. Per mantenere la figlia, andò a lavorare in vetreria, raccoglieva lumache, fichi, verdure, salava le sarde al mercato. Infine andò a lavorare in una famiglia benestante, dal cui figlio fu sedotta; lui la imbrogliò e disse a Rosa di rubare i diamanti di sua madre. Per questo furto, fu poi denunciata e arrestata per altri sette mesi. Uscita dal carcere si trasferì a Palermo. Il figlio nacque morto. Il conte Testa le diede lavoro come custode/sagrestana nella chiesa di Maria degli Agonizzanti, dove visse nel sottoscala con il fratello Vincenzo. Purtroppo ricevette le molestie del nuovo prete e, con i soldi delle elemosine, partì con il fratello per Firenze. Questo fu il periodo in cui ebbe grandi gioie e grandi dolori. Lavorò come domestica, il fratello poté aprire una bottega da calzolaio, richiamò a sé le sorelle Mariannina e Maria: una rimase a Licata, l'altra, dopo un ennesimo litigio con il marito, prese i figli e raggiunse Rosa. Purtroppo il marito inseguì Maria e, trovatala, la uccise. Il padre per il dispiacere si impiccò. Rosa visse per 12 anni con il pittore Manfredi Lombardi, che la presentò ad artisti quali Mario De Micheli, Ignazio Buttitta, Dario Fo. Per circa un ventennio visse a Firenze per poi trasferirsi, nel 1971, nella sua adorata Palermo, città che fu sempre fonte di ispirazione per l'artista. A Palermo ricordiamo Serena Lao, amica e compagna di strada della Balistreri (oggi presidente dell'associazione Rosa Balistreri) e ancora Sara Cappello, Marilena Monti, Laura Mollica e tra le artiste più giovani anche Matilde Politi ed Egle Mazzamuto. Lasciata da Manfredi per una modella, per mantenere sé e la figlia che nel frattempo per amore aveva lasciato il collegio e aspettava un figlio, cantò per le feste dell'Unità, recitò nel Teatro Stabile di Catania. Nel 1974 partecipò, assieme ad altri esponenti del folk, ad un'edizione di Canzonissima. Dal 1976 è stata accompagnata spesso da Mario Modestini, musicista e compositore, che ha scritto per la sua voce le musiche de La ballata del sale (1979), di Buela (1982) e di Ohi Bambulè (1987). Diede la sua voce a diverse poesia di Ignazio Buttitta, fu grande punto di riferimenti per cantastorie come i Fratelli Mancuso, Nonò Salamone ed altri, che hanno cantato ed ancora oggi cantano la Sicilia, il suo folklore, le sue sofferenze, i suoi problemi sociali, facendo da cassa di risonanza dei problemi del popolo siciliano. Morì nell'ospedale palermitano Villa Sofia il 20 settembre 1990, assieme all'immagine ed al canto di una Sicilia che non conosceva rassegnazione, per ictus cerebrale durante una tournée in Calabria. È sepolta nel cimitero fiorentino di Trespiano. Il 31 maggio 2008 è stato organizzato Terra ca nun senti (ovvero Terra che non senti, brano escluso in extremis dal Festival di Sanremo 1973 (perché risultato non inedito), un concerto tributo per Etnafest 2008, svoltosi in piazza Università a Catania, che ha visto la partecipazione di Rita Botto, Carmen Consoli, Giorgia; Patrizia Laquidara, Nada, Marina Rei, Etta Scollo, Tosca, Paola Turci, Ornella Vanoni, Alfio Antico, Faraulla, Emma Dante, con l'Etna Orchestra diretta da Salvo Cantone.
 
COSI’ VIENE RICORDATA NELLA COMMEMORAZIONE PER IL 90° DELLA SUA NASCITA .
 
Reportage | Botte, fame e canzoni: il viaggio dentro al "cuore" di Rosa Balistreri Il suo canto drammatico, la sua vita strozzata e la sicilianità mai rinnegata. Rosa Balistreri, la cantastorie nata a Licata e morta altrove. Lei, è la voce della Sicilia che urla, la terra dei pescatori e delle piccole ma grandi donne. Niente lusso per Rosa, il suo essere ‘maschiaccio’ buono e la sua voglia di ripartire sempre e comunque. Rosa Balistreri ha ricominciato tante volte, le sue canzoni spesso sono un inno al dolore e all’amore. La passione per un uomo che è andato via troppo presto, ad accoglierlo la profondità del mare. Lo ha aspettato Rosa, ma quell’uomo giovane e pescatore non è più tornato. Scalza, ha morso la vita, facendo a pugni con un destino troppo spinoso. Del dolore Rosa Balistreri ne ha fatto canzone, ha cantato tra la sua gente al mercato ed ha tentato di spingere via miseria e dolore. La cantastorie è nata nel 1927, oggi vive nel ricordo delle sue canzoni, al sole di una Licata che forse in passato non l’ha rispettata a dovere. Una umile targa, la casa di Rosa ha ancora le finestre aperte, come a volere fare uscire le note delle sue intramontabili canzoni. Una voce carica e profonda che ha sgomitato anche nella borghesia, la stessa che per un attimo l’ha tradita. “Non farmi dimenticare” ha detto ad un suo caro amico, il ‘professore’ Enzo Marrali. Lui, ha raccontato la vita di Rosa ai microfoni di Agrigentonotizie. A parlare della “spigolosa” Balistreri, anche Nicolò La Perna. Una rosa spinosa, proprio come la vita della donna figlia di falegname e vittima di qualche violenza. Nella strada della cantante, anche Palermo e poi ancora un amore sbagliato. Dopo ‘Iachinazzu’, arriva il figlio dei nobili, che con l’inganno costrinse la donna a rubare. Leggenda narra che Rosa Balistreri fu anche avvicinata da un parroco. Lei, lo allontanò più volte. Rosa Balistreri andò ancora via, lasciando Palermo: terra che sentiva tanto sua e musa dei suoi brani. Una valigia di cartone, partì ancora Rosa Balistreri cercando come una forsennata la fortuna altrove. Fu dura lasciare la trinacria. La cantautrice si lasciò trasportare dal suo cuore. Nero su bianco la passione per il pittore, Manfredi Lombardi. Ad apprezzare la rocciosa siciliana, anche Dario Fo e Ignazio Buttitta. Ma Rosa Balistreri cadde ancora, questa volta in un tunnel maligno. La depressione fu una compagna disgraziata per la cantante. E via, Rosa scriveva canzoni. Note strozzate da quel dolore che mai l’ha lasciata, martoriando le sue giornate, anche in carcere. Nel suo percorso anche Sanremo. "Rosa canta e cunta", ma spesso la sua terra non sente. La vita amara di Rosa Balistreri finì a Palermo. Luogo che per lei è sempre stato fonte di ispirazione profonda. La donna morì negli anni ’90 spegnendosi nell’ospedale palermitano di Villa Sofia, colpa di un ictus celebrale. Licata ha scelto di commemorarla, giorno 21 marzo. Promotore dell’evento, Gino Pira. Al teatro ‘Re Grillo’ l’anniversario della nascita di Rosa. Tutti in piedi per ricordare una donna, che oggi vive bene nei ricordi. Rosa Balistreri non è morta, la roccia vive nelle sue canzoni. Grazie maestra.