DA CALTANISSETTA AL CILE E RITORNO

Era la fine del 19 secolo, quando Carlo Bonomo lasciava la città di Caltanissetta per intraprendere un lungo viaggio che lo avrebbe portato in Cile. Di Carlo Bonomo non abbiamo grandi notizie,

siamo riusciti a sapere solo quello che ci hanno potuto raccontare le due signore che abbiamo conosciute a Caltanissetta in una occasione del tutto fortuita ed occasionale. Sappiamo quindi che Carlo Bonomo, ha lasciato Caltanissetta verso la fine del 19° secolo e ce lo troviamo nel Cile centrale, esattamente nella città di Malipilla a metà strada tra Santiago e San Martin. Notizie di lui troviamo sui giornali dell’epoca, che parlano di un metodo brevettato dall’ingegnoso nisseno, che aveva inventato un sistema per raffinare ed utilizzare lo zolfo vulcanico in agricoltura. E’ quanto si legge sul giornale “El Pueblo” del 29 novembre del 1917, che si pubblicava a Malipilla. Stessa notizia troviamo su un altro giornale del quale non siamo riusciti a decifrare il nome, che riporta la stessa notizia. La prima guerra mondiale prima e la seconda guerra mondiale dopo, hanno un poco allentato i rapporti tra la famiglia Bonomo ed i parenti rimasti a Caltanissetta. L’unica cosa che si può evincere dalla lettera che riportiamo in calce, è che la sorella della moglie di Carlo Bonomo, scrive in Cile il 23 marzo del 1946, chiedendo aiuto ai parenti lontani. Nella lettera è richiamato il disastroso bombardamento del 9 luglio del 1943 che la città di Caltanissetta subì e che fece parecchi morti e distrusse molti edifici. Quello che lamenta la sorella della moglie di Carlo, rivolgendosi alla congiunta ed ai nipoti, è il silenzio subentrato dopo i bombardamenti tra le due famiglie, un silenzio lungo non rotto da nessun segnale da nessuna comunicazione. Ecco perché la signora che scrive, descrive la condizione in cui sono rimasti dopo il bombardamento, dove era rimasto ucciso il marito oltre a tanti altri parenti. La scrivente, lamenta il fatto di essere stata dimenticata dalla sorella più grande e, dopo avere descritto la situazione in cui si trovavano, dicono pure di vedere tanti pacchi che arrivano dall’America diretti ai parenti che quegli emigrati hanno lasciato in Sicilia. Chiede se è possibile che anche a loro venga mandato un pacco con qualche cosa che li aiuti ad affrontare la crisi. A quella richiesta, i parenti rispondono inviando un pacco del quale hanno conservato elenco perfetto di quello che conteneva. Nota che alleghiamo a questa storia. Col passare del tempo, quando l’USEF riesce a prendere contatti con la comunità siciliana residente in Cile, per merito di un grande dirigente oggi scomparso, Amedeo castello, che ha introdotto l’USEF in Cile ed ha cercato di organizzare la comunità siciliana, si viene a creare una linea di comunicazione tra la comunità in Cile e la Sicilia. Linea di comunicazione che si materializzava attraverso la nascita sul territorio di circoli dentro i quali si parlava della Sicilia, della sua cultura, rendendo patrimonio comune i ricordi dei èiù anziani. In uno dei circoli nati in Cile, un giorno si presenta un certo Enzo Vanto, con una serie di documenti necessari per riacquistare la cittadinanza italiana. Da quei documenti viene fuori che si tratta di discendente di Carlo Bonomo emigrato da Caltanissetta. Ha ritrovato l’indirizzo dei parenti rimasti in Sicilia ed ha scritto a loro per avere l’ultimo documento che gli serve per ottenere la cittadinanza. Si tratta di un atto notorio in cui queste parenti dovevano dichiarare che il Bonomo, quando è partito da Caltanissetta era in possesso della cittadinanza italiana. Le due vecchiette, si erano recate al comune, ma non hanno potuto concludere nulla, perchè l’impiegato si è rifiutato di raccogliere la dichiarazione ed autenticarne la firma della dichiarante apposta sotto il documento. “Non mi posso assumere la responsabilità” dichiara l’impiegato. Le due vecchiette sconfortate riferiscono al parente, il quale si rivolge all’associazione per chiedere un aiuto che gli consenta di superare la difficoltà. In questo modo, tutta la vicenda viene a me per mezzo del nostro dirigente in Cile, che mi manda anche i recapiti delle due vecchiette residenti nella nostra città. Telefono alle due signore chiedendo quale fosse il problema, quando sento le motivazioni addotte dall’impiegato, non posso esimermi dal pensare a quali tipi di funzionari a volte ci ritroviamo negli uffici pubblici. Gente che non si assume nessuna responsabilità e che quando non capisce né di che cosa parliamo né il problema umano che a volte si cela dietro un richiesta, si trincera dietro “non si può”, “ la legge non lo prevede”, “non mi assumo la responsabilità” o altre amenità di questo tipo. Si intende che non ho alcuna intenzione di generalizzare e che questo modello di impiegato non rappresenta certo la maggioranza di impiegati coscienziosi che si mettono a disposizione dei cittadini, trattandoli con la dovuta cortesia e professionalità. L’informazione che mi viene data, mi indispone enormemente e chiedo alle signore di farsi trovare davanti al Municipio che stavo salendo io in città. Stabilito come conoscerci mi avvio a Caltanissetta ed incontro le due donne davanti al comune. Con loro mi avvio verso l’ufficio anagrafe e mi rivolgo direttamente all’impiegato che il giorno prima si era rifiutato di autenticare la firma ad una delle due donne. Il personaggio che deve anche avere buona memoria visiva, non appena vede le due donne si innervosisce e dice che inutilmente erano tornate in ufficio, perché la risposta restava la stessa del giorno prima. A questo punto intervengo io, in maniera alquanto brusca, ricordando a quella persona che lui aveva solo il compito di autenticare la firma sulla dichiarazione e non certo di entrare nel merito di quanto la signora dichiarava, assumendosene tutte le responsabilità come voleva la legge. In secondo luogo, ricordo a quella persona, che stiamo parlando di un cittadino che è emigrato in cerca di lavoro lasciando la propria città i parenti, gli affetti, alla ricerca di un lavoro e che non ci potevano essere dubbi che al momento della partenza avesse la cittadinanza italiana. In ogni caso, se continuava ad avere dubbi, mi facesse parlare con il dirigente del servizio, perchè avevamo necessità di risolvere il problema. Dopo un battibecco anche abbastanza animato e dopo la richiesta di parlare con il dirigente, il personaggio riflette un poco ed esce fuori dicendo, che in effetti non si potrebbe fare, ma viste le finalità faceva uno strappo ed autenticava la firma della signora, cosa che fece subito. Non voglio sindacare la fine della vicenda, ma è evidente che ci troviamo davanti il solito atteggiamento di chi non sa come uscire da una situazione incresciosa creata da lui, per cui si inventa lo strappo. A me ed alle signore, interessava solo che avevamo dato soluzione ad un problema che avrebbe consentito al parente che loro nemmeno conoscevano, di riacquistare la cittadinanza e forse di venire a Caltanissetta a visitare la terra del suo antenato. Non passò molto tempo, infatti, che Enzo Vanto, venne inserito in un progetto di turismo sociale che l’USEF organizzava per i siciliani emigrati in Cile, utilizzando la legge regionale che detta norme in favore degli emigrati. Fui così, che me lo trovai a Palermo all’uscita dell’aeroporto, con il gruppo che veniva da Santiago del Cile. In albergo, dove accompagnai il gruppo, parlammo della riacquistata cittadinanza, dei suoi parenti residente a Caltanissetta, del desiderio che aveva di conoscerli. Mi ringraziò con un pizzico di commozione e con molta gratitudine sia per avere risolto il suo problema presso gli uffici della città, sia per la possibilità che aveva avuto di venire in Sicilia. Alla fine del tour, io aspettavo a Palermo per salutare il gruppo che partiva o che si recava presso i parenti approfittando di essere in Sicilia e non sapendo quando e se avrebbero avuto altre occasioni per ritornare a visitare la terra delle proprie origini. Per quanto riguardava Enzo Vento, invece, mi ero impegnato di portarlo a Caltanissetta presso i suoi parenti, cosa che feci in serata, quando in macchina, preso lui e le sue valigie, lo portai in Via Niscemi a Caltanissetta, dove abitavano le sue parenti. Non starò a descrivere la gioia delle due donne quando si sono trovate davanti il loro parente e la gioia di Enzo, che finalmente, poteva abbracciare le due donne. Mi confessò dopo, quando lo rividi in Cile, che con quell’abbraccio gli era sembrato di riconciliarsi con la storia sua e della sua famiglia. Un abbraccio che gli diede l’impressione, dopo avere visitato la Sicilia, di abbracciare tutta l’Isola anche per conto di quanti, a partire dal suo avo, non erano più potuti tornare al proprio paese d’origine. Non è certo per chiudere in bellezza, ma ritengo di potere affermare che avvenimenti come quello che ho ora narrato, danno un senso al lavoro delle associazioni e rappresentano grande soddisfazione per chi ad esse dedica il proprio tempo. (dal libro di Salvatore Augello Eroi con la valigia)