Il 17 aprile si chiudono le elezioni per il rinnovo dei Comites. Successivamente il delicato passaggio elettorale verso la formazione del Cgie. Non vedo altre soluzioni praticabili oltre a quella del Sottosegretario Mario Giro. Siamo alla vigilia di due tornate elettorali molto importanti e delicate. La prima si chiude il 17 aprile con il rinnovo dei Comites e la seconda entro la fine di maggio con le elezioni dei componenti del nuovo Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Le possiamo quasi definire entrambi di secondo grado. Per i Comites partecipano al voto gli elettori e le elettrici che si sono iscritti nel registro elettorale allestito in ogni Consolato d’Italia (appena 7 percento del corpo elettorale totale); per il Cgie partecipano gli eletti dei Comites e una rappresentanza delle Associazioni iscritte negli albi consolari. Sono, quindi, elezioni di grande portata politica perché coinvolgono elettori ed elettrici “consapevoli e politicizzati”. Non so se appena dopo il voto si apriranno polemiche sulla rappresentatività di questi due organismi democratici. In ogni caso, sono organismi istituiti per legge ed elettivi. Il rinvio dell’appuntamento elettorale di quattro mesi non ha determinato quello scatto che il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale si attendeva. L’aspetto positivo è di avere recuperato alcuni Comites nelle Circoscrizioni consolari dove a dicembre 2014 non erano state presentate liste elettorali.
LA BASSA PARTECIPAZIONE NON SMINUISCE IL SIGNIFICATO POLITICO
La bassa adesione all’iscrizione nel registro elettorale è determinata da molti fattori che non sto qui ad elencare. E non dipende anche da singole Circoscrizioni, perché il dato è piuttosto uniforme. Dal 3,5% di alcune circoscrizioni della Germania (ad eccezione del dato di Wolfsburg 14%) al 12 per cento del Sud America (Argentina, Brasile e Venezuela). Nel resto dei Paesi si viaggia tra il 5 e il 7 per cento. E’ un dato sicuramente determinato all’impatto che i Comites hanno sulla vita reale dei cittadini emigrati. Un dato che ci obbliga a riflettere, appena dopo il voto, sul ruolo dei Comites. Escono ridimensionati rispetto alle attese che la loro istituzione aveva suscitato, ma ciò non significa che non servono. C’è una legge che li istituisce e c’è stata una tornata elettorale, quindi non significa che non sono legittimati. Io, che sono stato impegnato direttamente in questi 11 anni, dei quali 8 passati alla presidenza del Comites di Zurigo, posso affermare per esperienza diretta che di lavoro se ne è fatto tanto: Corsi di lingua e cultura, Casa d’Italia, servizi Consolari. Abbiamo fatto molto lavoro, tutti insieme, tutti i Comites del mondo hanno lavorato. A Zurigo, una delle più grandi Circoscrizioni consolari, la percentuale di votanti non si discosterà molto dalle altre circoscrizioni europee. Dei settemila registrati nell’elenco elettorale, voteranno forse 5 mila, un 75 per cento degli iscritti. In tutta la Svizzera forse voteranno 15 mila e in tutto il mondo circa 200 mila. Questi presidi di democrazia partecipativa resistono all’usura della politica e non possono essere la vittima sacrificale del distacco crescente tra italiani all’estero e la propria patria. I Comites restano gli unici organismi democratici territoriali che permettono alla Comunità italiana di raccordarsi alle istituzioni italiane e locali. Per me queste elezioni contengono un forte significato politico. Contrassegnato, anche, dal delicato passaggio che vedranno i Comites protagonisti della formazione del nuovo Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Senza i Comites non esisterebbe il Cgie e non ci sarebbe stato neanche il voto all’estero.
IL NUOVO CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO
In questi giorni si è tornati a discutere, inevitabilmente, del Cgie, dopo che il decreto legge del 24 aprile 2014 (articolo 19 bis) ne ha stabilito la riduzione dei membri. Quello uscente è composto da 65 membri eletti dagli italiani all’estero attraverso le assisi congiunte di Comites e Associazioni, e 29 di nomina governativa. Il nuovo, all’insegna della cura dimagrante della politica, sarà composto da 43 eletti all’estero per risparmiare sui costi per viaggi aerei e soggiorno a Roma. Come saranno ripartiti? Per il Governo, stante alle dichiarazioni del Sottosegretario Mario Giro, secondo la logica degli iscritti all’Aire: 56% all’Europa, 32% al Sud America, 7% a Nord e Centro America e 5% all’Australia. Una mappa che vede all’Europa attribuita la maggioranza assoluta: 24 invece di 26 all’Europa; 14 invece di 20 al Sud America; 3 invece di 11 al Nord e Centro America; 2 invece di 7 al resto del mondo (Australia e Africa). Il Cgie uscente, nell’ultima riunione di Presidenza, ha ufficializzato di pensarla diversamente. Vorrebbe una ripartizione “equa” tra tutte le aree continentali, togliendone 6 all’Europa per assegnarli a Nord America e Australia. Io sono sorpreso che nessuno abbia chiesto ai Comites cosa ne pensassero. E mi meraviglio ancora di più considerando che dovranno essere proprio i Comites ad eleggere il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Credo che sarà difficile andare ad una ripartizione “à la carte” dei seggi del Cgie. Capisco che Nord America, Australia e Africa vedono ridimensionata la loro rappresentanza, ma quale altro criterio adottare per una ripartizione diversa? Una risposta non l’ha data il Comitato per le Questioni degli Italiani all’Estero (Cqie) del Senato. La sua risoluzione evita di entrare nel merito spostando il tema: “Perché tagliare il numero dei membri del Cgie in assenza di una riforma complessiva del Cgie e dei Comites?” si è domandato il Cgie. Dico io: possiamo davvero continuare a fare come è stato fatto finora, cioè rinviando le elezioni dei Comites in attesa della riforma? Non mi sembra politicamente serio e rispettoso del principio del risparmio. I Comuni in Italia hanno subito ridimensionamenti, le Provincie non sono più elettive, il Senato non sarà più elettivo. E noi all’estero? Non sono stati forse tagliati i Comites? Quanti erano e quanti ne saranno dopo le elezioni? Non può restare tutto come prima solo per il Cgie, come chiede il Comitato per le Questioni degli Italiani allìEstero del Senato. Allo stato dei fatti, senza i velleitarismi tesi a rinviare sempre tutto, non vedo, sinceramente, altre soluzioni a quella avanzata da Mario Giro. Riaprire la discussione sulla composizione del Cgie dopo le elezioni dei nuovi Comites sarebbe un errore di una gravità politica inaudita. Cav. Paolo Da Costa Vice-presidente Assemblea Pd Mondo; Presidente uscente del Comites di Zurig