Emigrazione! Sembra una parola come tante, ma quante sofferenze, quanti sacrifici, quante tragedie familiari, dietro questa parola. Il primo grande flusso risale al XIX secolo, quando milioni di italiani solcarono gli oceani dirigendosi verso le Americhe. Data l’imponenza del flusso, parecchi stati corsero ai ripari e nacquero Ellis Island in America del Nord,

l’hotel de immigrantes a Buenos Aires, per citarne alcune. Compagnie di navigazione si attrezzarono per sfruttare il flusso migratorio, nazioni come l’Argentina, il Brasile e la stessa America, disponevano di immense risorse minerarie, terriere, ecc., erano in una fase di grande sviluppo, ma necessitavano di manodopera. Alla prima emigrazione politica che vide fuggire dall’Italia i mazziniani ed i carbonari, dopo il fallimento dei moti del 1821, 1831 e1848 seguì e si mescolò l’emigrazione economica. La richiesta di coltivatori proveniente dall’Argentina, l’arruolamento di intere famiglie da parte di armatori che offrivano il viaggio finanziato anche dai proprietari delle ricche piantagioni di caffè del Basile, costretti a cercare manodopera dopo l’abolizione della schiavitù, costrinse lo stato italiano a prendere alcune misure. La prima legge che affronta queste problematiche, vede la luce nel 1889 ed è firmata dal siciliano Crispi (legge n. 5866/1889), che cerca di dare delle regole alla pratica di arruolamento di lavoratori per favorirne l’emigrazione all’estero. L’Art. 2 della citata legge, recita “Nessuno può arruolare emigranti, vendere o distribuire biglietti per emigrare, o farsi mediatore a fini di lucro fra chi voglia emigrare e chi procuri o favorisca imbarco, s'egli non abbia avuta dal ministero la patente di agente, o dal prefetto la licenza di subagente.” È evidente il fatto che lo stato finalmente si era accorto che c’era chi speculava sull’emigrazione e ne faceva fonte di guadagno esercitando la professione abusiva che oggi va sotto il nome di caporalato. Fu invece con il la legge n. 23 del 1901 che si definì la posizione giuridico-sociale dell’emigrato. Il paragrofi n. 1 dell’art. n. 6 della citata legge, stabilisce che: “Emigrante, per effetti del presente capo, è il cittadino che si rechi in paese posto di là del canale di Suez, escluse le colonie e i protettorati italiani, o in paese posto di là dello stretto di Gibilterra, escluse le coste d'Europa, viaggiando in terza classe o in classe che il commissariato dell'emigrazione dichiari equivalente alla terza attuale. “ A sovraintendere all’applicazione delle norme dettate, viene istituito il Commissariato per l’emigrazione. Oggi ci meravigliamo per il flusso di immigrati che raggiungono le coste italiane. Forse abbiamo dimenticato quando gli emigrati eravamo noi? Quando gli italiani hanno a milioni lasciato la propria terra per raggiungere terre sconosciute diventando artefici della loro crescita e del loro sviluppo? Nel periodo a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo, (1870 – 1970) ben 24 milioni di italiani lasciarono la propria terra e si diressero in varie destinazioni. Emigrazione italiana (1870-1970)pg.44

Paese di destinazione   numero di emigranti ricevuti (in milioni)

Stati Uniti                                         5,6

Francia                                            4,1

Svizzera                                          3,0

Argentina                                        2,9

Germania                                        2,4

Brasile                                            1,5

Impero Austro-Ungarico                    1,1

Canada                                           0,6

Belgio                                             0,5

Australia                                         0,4

Venezuela                                       0,2

Gran Bretagna                                0,2

totale Europa                                12,5

totale Americhe e Australia             11,5

Totale                                           24