Lo dice uno studio realizzato dal Centro studi e ricerche Idos per il ministero dell’Interno, presentato oggi a Roma in occasione del convegno dell’European migration network Italia (Emn) che quest’anno ha scelto come tema di studi proprio la copertura previdenziale degli immigrati. Nello specifico il rapporto sottolinea che tra dodici anni aumenteranno i pensionati stranieri, ma contemporaneamente salirà anche la popolazione immigrata, che essendo tendenzialmente più giovane di quella italiana, inciderà in positivo in termini previdenziali. Tenuto conto della nuova normativa (che ha elevato l’età pensionabile e il requisito contributivo), i pensionati stranieri in Italia, che nel 2010 erano l’1,5 per cento, saliranno al 2,6 per cento nel 2015, fino ad arrivare al 4,3 nel 2020 e al 6 nel 2025. Anno in cui si stima che ad entrare in età pensionabile saranno 43mila t stranieri e 747mila italiani, per cui il rapporto tra pensionandi immigrati e italiani passerà da 1 ogni 46 (all’inizio del periodo) a 1 ogni 19. Ma anche se il differenziale pensionistico tra le due popolazioni andrà riducendosi, rimarranno tuttavia significativi margini che vanno a beneficio della gestione pensionistica. Per il 2025 si stima, infatti, che la percentuale degli stranieri sul totale dei residenti sarà pari al 12,3 per cento. “Rispetto a quella italiana la popolazione straniera è molto più giovane, quindi sono di più le persone in età lavorativa – spiega Marinaro – . In particolare va sottolineato che l’aumento dell’età pensionabile a 65 anni colpirà soprattutto le donne immigrate. Rispetto alle italiane saranno molto di più, infatti, quelle che non andranno in pensione continuando a lavorare. E questo sarà un beneficio per la gestione pensionistica: i lavoratori stranieri continueranno a versare alle casse dell’Inps molto più di quello che ricevono”. Secondo lo studio per avere un’idea delle prestazioni che l’Inail eroga ai lavoratori nati all’estero nel corso di un anno bisogna far riferimento ai rischi da loro subiti: nel 2013 si è trattato di 104.330 denunce di infortuni e di 2.850 malattie professionali. E anche se non si dispone di dati aggiornati sugli interventi effettuati dal Servizio sanitario nazionale, da precedenti studi effettuati da rappresentanti della Società italiana di medicina delle migrazioni (la più estesa rete di esperti delle strutture pubbliche e del privato sociale operante in Italia) risulta che, in proporzione, per numero di interventi e per relative spese gli stranieri, inclusi anche gli irregolari, pesano meno degli italiani sulle finanze pubbliche. I ricercatori di Idos, sottolineano inoltre alcuni nodi critici nella la strategia seguita per definire la posizione pensionistica degli immigrati che “è stata, nel complesso, priva di linearità”: tra gli aspetti più problematici il rimborso dei contributi in caso di rimpatrio senza aver maturato il diritto alla pensione; la rinuncia alla ratifica delle convenzioni già firmate e alla sottoscrizione di nuove convenzioni e il varo di una nuova normativa pensionistica che, avendo elevato il requisito contributivo e quello di età, rende più difficile la maturazione del diritto da parte degli immigrati”. Per questo “pur nella consapevolezza delle difficoltà finanziarie in cui si dibatte l’Italia, bisognerà adottare un orientamento stabile e più orientato al futuro -sottolineano -.maggiore decisione si richiede anche nei contesti territoriali nel superare le discriminazioni e nel concepire le pari opportunità come un diritto degli immigrati e come base per una vera politica di integrazione”. Un sollecito che arriva anche dall’Unar che parla di discriminazione giuridico amministrativa in relazione agli interventi di natura dsocio-assistenziale. “Se l’immigrazione costituisce una dimensione essenziale della società, questa sua caratteristica dovrà ispirare maggiormente la normativa previdenziale e socio-assistenziale, come anche la sua concreta applicazione” si legge nel rapporto -.In questo senso Emn Italia, attraverso un confronto allargato, si propone di acquisire approfondimenti di qualità sulla situazione italiana per rappresentarli alla Commissione Europea, che si farà carico di curare un quadro comparativo sul rapporto tra immigrati e previdenza nel contesto comunitario”. Fonte: Redattore Sociale