"Stare una picata" si dice quando una cosa sta male nel contesto in cui è inserita, è inappropriata. Questo modo di dire ha quasi 3 secoli e a Palermo è usato molto spesso, dato che di cose inappropriate ne abbiamo di più di quelle appropriate! Il modo di dire è collegato alla breve permanenza austriaca in Sicilia (1720-1734). In verità la frase completa è “stari comu na picata nta n’occhiu” (stare come un colpo di picca-lancia nell’occhio). Sembra che il termine derivi da un fatto di cronaca accaduto nel 1730 a Palermo. Un soldato austriaco durante una festa popolare a Palermo conficcò, noi riteniamo per errore, la punta della sua alabarda (picca) nell’occhio di una ragazzina. Ne seguì una rissa con feriti tra popolani e le guardie regie austriache, già poco amate dai palermitani.
Il termine "cassariarsi", vuol dire perdere tempo o prendersela comoda. Questo perché, soprattutto nel ‘700, il Cassaro (C.so Vittorio Emanuele) fu la via del passìo (passeggio), un passìo rilassato, tranquillo, senza impegni, molto amato dai ricchi e dagli schiffarati (senza da fare). A frequentare il Cassaro c’erano anche i cicisbei, o cavalier sirventi, alcuni dei quali del tutto spiantati, sempre alla caccia di qualche buon partito da andare a servire. Da qui il termine per indicare chi non ha fretta e può o vuole prendersela comoda.
"Assicutare buffa cassaro Cassaro" (inseguire buffa lungo Corso Vittorio Emanuele), è un termine ormai poco usato ma non del tutto scomparso. Si tratterebbe di un false friend, direbbero gli inglesofili, un falso amico. Apparentemente si tratta di un significato semplice: inseguire le rane lungo Corso Vittorio Emanuele. E invece no! Sembra che provenga piuttosto dal francese pouf che significa debito insoluto, ripreso anche dal dialetto genovese e dal romanesco Buffarolo, che indica chi fa debiti con facilità! Per cui il senso letterale definitivo sarebbe inseguire i debitori per il centro di Palermo, quello traslato è cercare di ottenere qualche cosa di impossibile!
"Bannera ri cannavazzu", detto a chi cambia spesso o facilmente idea sulle cose o non sa mantenere una posizione ferma. Facile intuire l’origine, dato che una bandiera fatta di stracci ha tanti colori, quindi di fatto nessuno, o ancor meglio tutti quelli che necessitano a seconda dell’occasione. Quante volte lo avete pensato di un vostro amico o di un collega, che al momento opportuno e per suo tornaconto personale, si è rimangiato quanto sostenuto in precedenza!
Parliamo di una nota dolente della storia di Palermo: i tasci! Nella gerarchia esistenziale dei palermitani il “tascio” occupa l’ultimo gradino. “Tascio” è un’espressione di derivazione inglese, la traduzione siciliana o, se vogliamo, l’italianizzazione di trash, spazzatura. Come dire che sono un po’ la munnizza (spazzatura) della società. Vocabolo squisitamente palermitano, si trova pure nell’ enciclopedia Treccani on line, sotto la voce “Palermo, italiano di” . Tasce possono essere le persone, ma anche la sistemazione, ossia la bardatura, di certe cose (come le automobili), oppure certa musica. Ma tutto è assolutamente soggettivo in questo senso, ed è difficilissimo trovare un tascio che ammetta di appartenere a questa categoria. Se gli altri siamo noi, diceva una bella canzone di qualche anno fa, i tasci sono invece sempre gli altri!
Igor Gelarda (storico sensibile)
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.