Sessantesimo anniversario dei Patti bilaterali tra Italia – Germania; sessantacinquesimo anniversario del Corriere d’Italia. La storia dell’emigrazione italiana raccontata dai figli
FRANCOFORTE SUL MENO – Ricordare le proprie origini ci rende umili e soprattutto consapevoli di quanta strada abbiamo fatto, di quanta ne abbiamo ancora avanti ma soprattutto ci rende coscienti di quanto la situazione è cambiata e continuerà a cambiare. Quest’anno a dicembre ricorre il sessantesimo anniversario dei Patti bilaterali e a gennaio 2016, il 65° anniversario del Corriere d’Italia. Venti anni fa, per ricordare questi due anniversari, il Corriere d’Italia chiese ai suoi lettori di narrare in prima persona la storia del loro arrivo in Germania. Le lettere che arrivarono in redazione furono molte e tutte straordinarie tanto che decidemmo di raccoglierle in un libro “Quando venni in Germania”. Ora, alla ricorrenza di questi due avvenimenti importanti chiediamo ai figli dei primi emigranti di narrare la propria storia. La nostra iniziativa è di pubblicare un secondo libro di storie vere, questa volta vista con gli occhi dei figli. Siamo affamati di conoscenza e vogliamo conoscere la vostra storia, per cui non esitate e non teneteci col fiato sospeso, raccontatecela! Inviate i vostri racconti a: redazione@ corritalia.de – Oggetto: La mia storia – oppure via posta Corriere d’Italia, Mainzer Landstr. 164 – 60327 Frankfurt o via fax: 069 7392690 - Come avete vissuto l’emigrazione in famiglia; - a che età siete arrivati in Germania oppure siete nati in Germania; - il vostro primo impatto con la popolazione tedesca; - le difficoltà con la lingua; - l’inserimento a scuola; - Le vostre amicizie; le vostre emozioni; ecc… Nel 1951 nasceva, sotto la direzione di don Casadei, il Corriere d’Italia, il primo giornale italiano per gli emigranti in Germania. Sin da subito il Corriere d’Italia è stato specchio, strumento di sostegno, di difesa e formazione della realtà italiana su territorio tedesco. Nel dicembre 1955 fu firmato un accordo bilaterale tra i governi italiano e tedesco per il reclutamento di manodopera italiana da inviarsi in Germania. A tutt’oggi l’Anwerbevertrag viene considerato l’atto ufficiale di nascita del fenomeno migratorio verso la nazione tedesca, dove oggi risiedono circa 700.000 italiani. In Germania a quei tempi il lavoro c’era e c’erano anche molti problemi come la lingua, le baracche, l’assenza della famglia, degli amici, il sentirsi straniero. Per i tedeschi locali eravamo gli Itaker oppure gli Spaghettifresser, ma ufficialmente si parlava di Gastarbeiter (lavoratori ospiti). All’epoca la Germania aveva bisogno di gente robusta, in buona salute e che non si tirava indietro nel lavorare per la ricostruzione ed il suo miracolo economico, ma trattava questi lavoratori come ospiti. Ospiti graditi sì, ma fatto il loro servizio avrebbero dovuto tornare al loro paese. In base a questo pensiero vennero istituite una serie di servizi orientati appunto al ritorno in Patria. Per es. la scuola italiana, organizzata e tollerata dalle istituzioni tedesche era appunto pensata per il ritorno dei migranti a casa loro e i migranti stessi erano più che d’accordo con questo concetto. Il Corriere d’Italia, prese da subito una posizione più coraggiosa, sin dall’inizio ha riconosciuto l’assurdità del ritorno, piuttosto era favorevole all’integrazione delle persone nella società di accoglienza. Don Gianfranco Zorzi, ex direttore del giornale scriveva che il traguardo da raggiungere era il consolidamento dell’emigrazione italiana da stagionale a stabile ed il suo inserimento doveva essere supportato a tutti i livelli. Inserimento significava il primo passo per una vera integrazione sul luogo e questo concetto faceva paura a molti. In Italia gli articoli pubblicati sulla firma dell’accordo bilaterale assunsero un tono ben diverso da quello tedesco. L’Italia vedeva nell’emigrazione la via per rimettere in movimento la sua economia, una convinzione condivisa da tutti i partiti politici italiani. La Germania, invece, vedeva l’occupazione dei lavoratori italiani come un esperimento legato alla positiva congiuntura economica, ma non la presentava al popolo tedesco come l’inizio dell’immigrazione italiana nella Repubblica Federale. Con il passare degli anni le caratteristiche del flusso migratorio furono determinate dall’entrata in vigore dei regolamenti sulla libera circolazione dei lavoratori nella Comunità economica Europea (Cee). Il trattato di Roma che sanciva l’eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, fu firmato nel 1957 ed entrò in vigore nel 1968. Il primo regolamento (1961), sancì la libera circolazione per i lavoratori permanenti, il secondo (1964) allargò il diritto di libera circolazione ai lavoratori stagionali e il terzo regolamento (1968) stabilì la fine della priorità tedesca sul mercato della Germania e ai lavoratori tedeschi non fu più riservata la priorità di assunzione rispetto agli italiani. La Germania è per noi ancora oggi terra di emigrazione, è il paese che attira ogni anno il più grande numero di italiani e nello stesso tempo quello che rimanda a casa numerosi delusi.(Corritalia.de/Inform)